A Bologna e Pieve di Cadore l’impresa della solidarietà: Casa Santa Chiara

Pubblicato su rivista Altro&Oltre, nr.12, aprile 2015

Casa Santa Chiara, solidarietà a Bologna e Pieve di Cadore - Sottocastello 2014

Casa Santa Chiara, una storia di solidarietà commovente e una testa di ponte tra Bologna e Pieve di Cadore.

E’ questo che ci racconta la vita di Aldina Balboni, fondatrice di Casa Santa Chiara, e quella di tanti altri che, con lei, da oltre 50 anni, danno assistenza e speranza a disabili e senza famiglia.

Tutto comincia nel 1959 quando – dice Aldina -: “Uscendo dal lavoro, trovai ad aspettarmi tre ragazze della Sacra famiglia, l’istituto che dovevano lasciare al compimento dei 18 anni. Non avevano parenti e non sapevano cosa fare……”. Ci pensò lei a dare un tetto alle giovani e ad avviarle al lavoro.

Da quel momento non è più finita e la sua opera di bene si è trasformata in un’impresa di fratellanza ingrandendosi negli anni e divenendo per Bologna una risorsa insostituibile. Aldina si ispira a Santa Chiara, da cui prende il nome la sua comunità, e inizia affittando una casa in via Pescherie Vecchie a Bologna. Aggiunge poi altri due appartamenti sempre allo stesso indirizzo. In via Tagliapietre apre una mensa che distribuisce 120 pasti al giorno. Le ragazze orfane, in condizioni difficili con famiglie problematiche trovano accoglienza e un nuovo caloroso nucleo famigliare.

Pian piano le attenzioni della comunità si evolvono. Dal 1970 cominciano a rivolgersi ai disabili con disturbi psichici. Nel 1969 in via Castiglione, sempre a Bologna, è accolto il primo gruppo di ragazze con disagio psicologico. Si costituisce la Cooperativa Casa S. Chiara orientata alla cura di situazioni di maggiore gravità. Chiude, dopo sofferta decisione, la Comunità di via Pescherie Vecchie, divenuta molto numerosa e con ragazze perlopiù autosufficienti.

La legge Basaglia (1978), prevedendo la chiusura dei manicomi, lascia un enorme vuoto di alternative per la gestione dei disabili mentali. Nell’ottica della deistituzionalizzazione e di una maggiore personalizzazione delle strutture che, ben prima della normativa, ne aveva guidato l’opera e il cambio di passo, Casa Santa Chiara offre una soluzione: accoglie i disabili seguendoli anche oltre la maggiore età e aiuta e le loro famiglie.

Sempre negli anni ‘70 prende corpo un’altra eccezionale iniziativa: la costruzione di Casa Santa Chiara a Sottocastello, Pieve di Cadore.  L’idea quella di costruire un luogo per la villeggiatura. E’ una straordinaria manifestazione di solidarietà che mobilita giovani provenienti da tutta Italia – ci sono anche ragazzi canadesi e olandesi -. Donano le loro braccia e il loro impegno. Dedicano il tempo libero all’edificazione della casa vacanza.

I lavori durano tre estati e finalmente nel 1973 la struttura è pronta a offrire svago a ragazzi con handicap psichici di varia gravità, affetti da sindrome di Down e altre disabilità. Può ospitare complessivamente fino a 100 persone e in agosto si riempie. L’operazione Sottocastello promuove iniziative di sensibilizzazione, raccolta fondi e materiali. E’ veramente qualcosa di speciale. Ecco come la descrive Monsignor Fiorenzo Facchini – da tanti anni al fianco di Aldina Balboni -: “Sottocastello è una casa vacanza aperta a tutti, disabili e non. Ci sono famiglie, gruppi giovanili e volontari, riuniti per realizzare un’esperienza di condivisione e di servizio. La sfida è quella di far scoprire a persone “normali” quei volti nascosti di cui non ci si accorge nella quotidianità: una realtà che talvolta fa paura e che invece, nella sua diversità, rappresenta una ricchezza. Lo scopo è l’integrazione, per questo l’esperienza è allargata a giovani e famiglie”.

Gli ospiti sono impegnati tutto il giorno in attività di vario genere proposte e gestite dai volontari. Le serate si svolgono all’insegna dell’allegria con giochi, canzoni e prove di recitazione.

Gli anni a venire sono un susseguirsi di tanti altri progetti che hanno visto l’apertura di centri a scopo ricreativo, agricolo e rieducativo e gruppi famiglia, associazioni di volontariato (Ass. Il Ponte) e altre iniziative anche di ordine spirituale. Questi, sono oggi i numeri di Casa Santa Chiara.

  • 10 gruppi famiglia composti da 6-7 persone
  • 5 centri diurni dedicati a laboratori e attività agricole
  • 1 centro per il tempo libero, “Il Ponte”
  • Circa 140 i dipendenti regolarmente assunti

I centri e i gruppi si sostengono con rette fornite dagli enti pubblici (ASL, Comuni), integrate da elargizioni e con l’opera del volontariato. E per chi non può pagare c’è posto lo stesso.

Sempre Monsignor Facchini spiega: “….l’esperienza di Casa Santa Chiara è nata dal volontariato e nel tempo si è strutturata nella forma cooperativa ma del volontariato di avvale e con esso si integra”.

Tutto questo è stato possibile grazie al lavoro, alla dedizione costante e all’interesse per il gli altri. Quei diversi che grazie al potente motore della solidarietà hanno avuto un’altra opportunità: attenzione, affetto, una nuova vita.

 

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