Pubblicato sulla rivista Altro&Oltre nr. 28, dicembre 2018
Dai Fondatori che hanno visto i genitori partire per la guerra, fino ai neonati (da pochi mesi sino ai 5 anni) che hanno accesso sin da piccolissimi a ogni genere di informazione. E’ questa la composizione sociale dell’Italia contemporanea.
Sono 7 generazioni che hanno vissuto momenti storici molto diversi e che, insieme, stanno vivendo la silenziosa e dirompente rivoluzione delle nuove tecnologie. Lo straordinario e costante allungamento della vita media, ottenuto grazie al miglioramento degli stili di vita e al progresso della medicina, hanno reso possibile questo fenomeno ancora sottovalutato. Anche nei luoghi di lavoro quindi, spesso coabitano e devono collaborare individui provenienti da esperienze di vita e culture molto diverse. Basti pensare che tra i Founders, giovanotti di oltre 94 anni, ce ne sono ancora alcuni attivi. Sono 215 mila nel Paese e tra loro circa 18 mila hanno più di 100 anni.
Poi ci sono i Builders, la generazione che va dai 73 ai 93 anni. Hanno ricostruito l’Italia dopo il terribile disastro delle due guerre mondiali, hanno cavalcato il boom economico e hanno posto le basi del nostro benessere. Anch’essi a volte ancora attivi magari ancora in azienda, perché di loro proprietà o perché l’hanno creata insieme ai fondatori. Per loro il lavoro viene prima di tutto. Molti hanno frequentato solo le elementari, pochi sono diplomati.
Al loro fianco, i Baby Boomers. Tra i 52 e i 70 anni, sono 15,4 milioni. 7,2 milioni di loro lavorano. Più attaccati al loro mestiere che all’azienda, per primi hanno vissuto in una società senza conflitti. Sono cresciuti nel benessere. Perlopiù hanno studiato fino al diploma, hanno avuto la possibilità di accedere agli studi universitari in modo massiccio. E’ la generazione che ha visto affermarsi le rivendicazioni sulla parità di genere e il dilagare, soprattutto nella Pubblica amministrazione, degli impieghi femminili. Con donne ancora oggi in sella ed energiche senza più l’impegno di accudire la prole. Hanno avuto molto. Per la prima volta nella storia si osserva come il loro tenore di vita e il loro livello di istruzione, siano superiori a quelli delle generazioni successive.
Tra i 37 e i 51 anni, 14,3 milioni, più di 10 nel mondo del lavoro, si colloca la generazione X. I valori: flessibilità, soddisfazione professionale, equilibrio vita-lavoro, amicizie. Da piccoli rimanevano spesso da soli in casa perché per primi hanno visto la madre iniziare a lavorare. Pochi gli adulti che li hanno guidati. Sono i protagonisti di un mondo che ha cominciato a confondersi: le certezze di chi veniva prima di loro a sgretolarsi. Il tema della disoccupazione è un leitmotiv che li ha da sempre accompagnati. E’ la generazione di tangentopoli e del ribaltamento politico che ne è derivato. Hanno visto cadere il muro di Berlino e assistito ai dirompenti effetti della globalizzazione che negli ultimi 20 anni ha investito l’Occidente creando scompiglio in tutte le compagini sociali.
Ed ecco i Millennials, chi non ne ha mai sentito parlare? Sono i nativi digitali. Cresciuti con la rete, col telecomando in mano, prestissimo hanno maneggiato lo Smartphone. Quella bacchetta magica della tecnologia che ha capovolto le vite e il modo di pensare di tutti noi. Senza alcuna eccezione generazionale. Baby Boomer e generazione X, hanno prontamente adottato la nuova voga tecnologica. I primi disprezzandola e rimpiangendo i “tempi passati”; i secondi abbracciandola con entusiasmo. Tutti gli altri l’hanno subita restandone esclusi e dando vita a quel fenomeno di emarginazione contemporanea che oggi chiamiamo digital divide. I Millennial hanno tra i 22 e i 36 anni e sono 10,2 milioni circa la metà lavora.
E veniamo a bambini e agli adolescenti o poco più, la generazione Z, tra i 6 e i 21 anni, in Italia sono 8.6 milioni. Non hanno mai conosciuto un mondo senza Internet, smartphone o i-Pad. Non si concentrano, fanno più cose contemporaneamente, distorcono il linguaggio e saranno i pionieri di una nuova modalità di comunicazione che probabilmente trasformerà anche la nostra lingua. Sono influenti e abilissimi, più dei Millennials, nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Rappresentano una forte novità in termini di comportamenti e apprendimenti. Il loro cervello impara e si è sviluppa in modo diverso dalle generazioni passate. Sono viziati, spesso figli unici, risentono gli effetti negativi di una società bambino centrica dove – causa il drastico crollo delle nascite – infanzia e adolescenza sono protette e tutelate rispetto a qualsiasi avversità: dalla scuola alle delusioni amorose a quelle lavorative. Rischiano di diventare una generazione pavida. Necessitano di guida ma il gap culturale e di valori rispetto chi li ha preceduti, la rende difficile. Non lontani, i neonati della generazione Alpha. Tra gli 0 e i 5 anni, sono gli enfant prodige della nuova era. Hanno accesso illimitato a qualunque informazione. Talvolta già a 4 anni leggono.
Questo il quadro umano di cui è composto il nostro Paese. Ne derivano, visuali antitetiche e nuovi entusiasmi. E’ una materia complessa che vede insegnanti, genitori e coach aziendali, impegnati nel complesso compito di diffondere valori e tradizioni da trasmettere con nuovi linguaggi. La chiave di volta per amalgamare le diversità non può che essere la crescita degli “anziani”. Apprendimento continuo, formazione e adozione di messaggi “tecnologici” e originali: per tramandare il filo delle nostre tradizioni e rinvigorire le sinergie tra generazioni.