Dell’educazione dei signorini e delle signorine

Pubblicato sulla rivista Altro&Oltre nr.10, giugno 2014

Giovani ed educazione

Italiani, ragazzi, disoccupazione. Il 40% dei giovani è senza lavoro. E cresce il numero di quelli che non studiano né cercano un impiego. Sono 2 milioni in aumento. E’ un triste primato in Europa, spartito insieme alla Spagna. E’ proprio tutta colpa della crisi economica e dello Stato? Certo la politica ha grandi responsabilità e non riesce oggi a garantire un futuro alle nuove generazioni, ma gli strali contro “l’ingiusta società” non risolvono granché e il futuro prende il via anche da ognuno di noi.

Partiamo dunque dall’educazione, cercando di capire cosa manca ai nostri ragazzi. Con educazione si intende non tanto o non solo la scuola, ma quel complesso di insegnamenti che iniziano in famiglia, si sviluppano a scuola e si arricchiscono o si deteriorano, in età adolescenziale, attraverso le compagnie e le esperienze.

Il XX secolo ha segnato quell’evoluzione del pensiero che ha condotto l’Europa dalle ideologie alle democrazie liberali. Il XXI è invece il secolo della conoscenza. Conoscenza amplificata dagli strumenti tecnologici che la mettono a disposizione di molti, ove prima era appannaggio di pochi.

Proprio perché a disposizione di tanti, la conoscenza necessita di un linguaggio universale, l’inglese. Bisogna conoscere questa lingua. Bene, benissimo. Non bastano le nozioni scolastiche.

Cosa richiede poi la tecnologia per svilupparsi e garantire il futuro all’umanità? E’ infatti dall’avanzare di essa che si potrà contare su pace e benessere. Richiede cultura scientifica.

Nel nostro Paese è poi fortissima la tradizione industriale e manifatturiera che ha bisogno di competenze tecniche e manuali. Quelle, per intendersi, che si acquisiscono in istituti assai di frequente snobbati, come fossero di second’ordine.

Infine, per consentire alle democrazie di funzionare e alle civiltà di prosperare è necessario rispettare le regole. Riassumendo: inglese, cultura scientifica, competenze tecniche e rispetto delle regole sono gli asset su cui fondare la moderna educazione.

L’Italia è in stand by su ognuno di questi aspetti. Le famiglie tendono a scusare con disinvoltura comportamenti negativi e infrazioni alle regole.

In ambito scolastico vi è ancora la diffusa convinzione della supremazia della cultura umanistica. Beninteso, nel paese dell’arte e della letteratura tale formazione è skill essenziale e ineludibile, ma dovrebbe essere riservata solo a chi dedicherà poi, ad arte, letteratura e archeologia la propria professione. Sono invece ancora troppi i ragazzi, senza alcun talento in tal senso, spinti a questo percorso di studi da famiglie “tradizionaliste”. Scegliere una scuola come il liceo classico dove, in molti casi, l’ora di matematica è quasi al pari dell’ora di religione è oggi, per i più, anacronistico. Con maggiore convinzione invece, bisognerebbe puntare a migliorare e diffondere l’istruzione scientifica. E non si dica che la fisica, la matematica e le scienze non sono ginnastica per il cervello dacché lo sono state fin dall’antichità quando ancora erano un tutt’uno con le scienze umane e, al pari di esse, appannaggio dei più grandi studiosi e artisti che hanno fatto la nostra storia e arricchito la nostra cultura.

Sul fronte dell’inglese è poi disastro puro. Viene insegnato male, spesso senza adeguato supporto di insegnanti madrelingua, con famiglie che si illudono di migliorarne la competenza mandando i loro figli in vacanza-studio qualche settimana a Londra e dintorni. Questo sia chiaro è solo business e divertimento. Punto.

L’inglese è una lingua assai particolare: è suono, e il suono si orecchia. Solo così entra e si radica nelle giovani menti. Ed entra assai rapido se i ragazzi vivono dentro quel suono. Servono lunghi periodi all’estero frequentando licei o università anglosassoni, a contatto con la vita dei luoghi e non col gruppetto italiano portato da casa. Funziona, e non si tratta solo di imparare una lingua. L’esperienza aiuta a conquistare autonomia, disinvoltura nei viaggi e negli spostamenti. Aiuta a vedere che ci sono altre e avanzate realtà oltre il cortiletto sotto casa e, se parliamo di occidente, realtà anche affini alle nostre ma diverse nei costumi. E qui veniamo alle regole. I paesi anglosassoni o più in generale del Nord Europa su di esse sono inflessibili. Anche questo lì si impara.

Purtroppo sono ancora pochi i nostri signorini e signorine che fanno sei mesi o un anno di liceo all’estero. Sono di più gli studenti universitari. Certo l’esperienza è costosa. Ma qualche borsa di studio che ne copre i costi in tutto o in parte c’è e non sempre il problema è il denaro. Molto spesso sono invece genitori timorosi a frenare o comunque a non “indirizzare”, spalleggiati da insegnanti miopi, preoccupati di avere, al rientro, studenti non al passo col resto della classe.

Beh gli studenti che fanno questa esperienza aggiungono alle loro vite un tassello speciale. Se si recano all’estero lontani dalle loro famiglie soprattutto in età precoce (16-17 anni), crescono, diventano cittadini del mondo e stringono relazioni con famiglie e suoli che resteranno nei loro cuori come seconde famiglie e seconde patrie.

E poi l’inglese: lo imparano benissimo. E nel loro avvenire farà la differenza molto più di qualche lezione persa nella scuola d’origine. Infine: cominceranno ad apprezzare il loro paese, il loro cibo, la cultura d’eccellenza e i luoghi in cui sono nati. Proprio così, inizieranno ad amare questa sgangherata, cialtrona e disordinata penisola che resta uno dei posti più belli al mondo e in cui certo vale la pena vivere. E magari, chissà, l’aiuteranno a migliorare.

Ultimi articoli

Archivio

Il nostro sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente ed ottenere alcune statistiche importanti. Leggi la nostra cookie policy.

Ok, accetto