Globalizzazione, un significato inedito: progresso e condivisione

Pubblicato su rivista Altro&Oltre nr.12, dicembre 2014

Globalizzazione, progresso, condivisione

Primavera 2014. Meeting del gruppo di lavoro della Banca Mondiale. Emerge una bella notizia anzi ottima. I poveri nel Mondo sono passati dal 36% degli anni ’90 al 18% nel 2010. La Nazioni Unite si proponevano di dimezzarli entro il 2015. Obiettivo raggiunto con 5 anni di anticipo. La globalizzazione rivela il suo lato positivo: progresso e condivisione.

Secondo un rapporto ancora più recente, di ottobre scorso (fonte Corriere della Sera 5/11/2014), la Banca Mondiale rileva un ulteriore progresso che porta la percentuale al 15% nel 2011.

Rimangono tutt’oggi poco più di 1 miliardo di persone che vivono nell’indigenza più estrema, vale a dire che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno. Nel 1981 erano ben oltre i 2 miliardi pari al 43% della popolazione mondiale (dati Rapporto World Bank Group, Spring 2014). E’ una riduzione pari ai 2/3. E le cifre sono ancora più significative quando si pensi al considerevole incremento demografico.

Ed è grazie alla globalizzazione che si è ottenuto questo straordinario risultato, reso possibile attraverso la liberalizzazione del mercato dei beni e del lavoro e della finanza che ha contribuito fortemente alla vorticosa crescita dei paesi meno industrializzati favorendone la crescita e il progresso.

 

Globalizzazione - grafico del declino della povertà Fonte: PROSPERITY FOR ALL Ending Extreme Poverty

A Note for the World Bank Group – Spring Meetings 2014

Qual è dunque il vero significato e la portata di questo fenomeno? Per usare una similitudine si può dire che la Globalizzazione è, o meglio, funziona al pari di un vaso comunicante: livella il contenuto delle singole provette di cui è costituito. Fuor di metafora, in un pianeta diventato interconnesso si diffondono ovunque, quasi tutte le manifestazioni peculiari dell’agire umano e le più potenti si affermano scalzando le più deboli. E’ un processo che si è accelerato con la fine della guerra fredda ma che esiste da molto più tempo.

L’immagine è forse un po’ generica ma rende l’idea dell’effetto pervasivo che interessa la popolazione mondiale nel suo complesso, e non solo sotto l’aspetto economico, ma anche sotto quello sociale, culturale e della comunicazione.

Molti: scienziati, media, i movimenti “no global”, attribuiscono a questa tendenza le più turpi nefandezze. Non che non vi siano aspetti negativi, ve ne sono eccome. L’imprenditoria globale ha spesso approfittato delle condizioni di indigenza dei lavoratori e l’impatto, che economie impetuosamente in crescita hanno avuto sull’ambiente, è stato talvolta disastroso. E’ anche vero però che le aziende hanno esportato modelli di lavoro e competenze tecniche in luoghi in cui erano quasi totalmente sconosciuti, favorendo la nascita dell’imprenditoria locale. E sono in tanti a essersi riscattati da miseria e privazioni.

Certo, noi occidentali abbiamo dovuto cedere un po’ del nostro benessere, parte del nostro lavoro si è spostato dove era più conveniente produrre. Sono aumentati i disoccupati. Ma gran parte delle società più progredite, erano già malate e la Globalizzazione non ne è la causa ha solo messo in rilievo il morbo. Malgoverno, corruzione e inefficienza del settore pubblico sono i virus che le hanno infettate insieme a eccesso di burocrazia e un welfare per tutti che il contribuente, ora più povero, non riesce più a sostenere. Serve ridare efficienza, riformare e riorganizzare le strutture statali e magari riconvertire quelle produzioni che non sono più competitive cercando nuovi sbocchi di mercato.

Altrove, invece, il riscatto da fame e miseria contribuisce a creare quelle coscienze civili così necessarie a rivendicare condizioni di lavoro e di assistenza e migliori.

La nuova e dirompente democrazia della conoscenza, Globalizzazione anch’essa, insieme a una forte alleanza internazionale, sosterranno i correttivi necessari a migliorare le organizzazioni alle nostre latitudini ed a arginare le derive nei paesi emergenti. Sono strumenti formidabili se utilizzati in modo appropriato.

Il mondo globale è un’evoluzione della condizione umana, di per sé non ha nulla di negativo. Solo, è ineludibile e inarrestabile, bisogna imparare a governarlo nel comune interesse.

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