Pubblicato su rivista Altro&Oltre nr. 19, ottobre
In famiglia non si parla di politica. Solo, vicino a elezioni di qualche tipo, i miei figli, di venti e ventuno anni, mi chiedono ragguagli. A volte, come nel caso del referendum costituzionale dare le informazioni giuste è molto difficile. L’atteggiamento neutrale lo è ancor di più. E, visto che neutrale non sono e parteggio per il sì, ne spiego alcuni contenuti e perché a mio avviso sia opportuno votare per il sì. Innanzitutto è necessario chiarire un punto fondamentale. Il referendum per cui andiamo a votare è diverso dai frequenti referendum per cui spesso siamo chiamati alle urne e che hanno valore meramente abrogativo (ci si esprime cioè a favore o contro una legge o parte di essa). La consultazione in questione è di tipo confermativo e prevista dalla nostra Costituzione (Art. 138) nel caso in cui il Parlamento abbia varato una modifica della Carta con la maggioranza assoluta. Non si procede a referendum se, in seconda votazione, la riforma sia stata approvata con la maggioranza dei 2/3 dei componenti di ciascuna delle due Camere. E’ poi valido il verdetto espresso dalla maggioranza dei votanti. Non esiste la previsione di un quorum ovvero la partecipazione di un numero minimo di aventi diritto al voto per considerare il risultato legittimo, come invece accade per il referendum abrogativo. Insomma bastano pochi elettori. La riforma costituzionale varata dal parlamento è assai complessa e non riguarda solamente, come molti pensano, l’assetto istituzionale del Senato ma investe diversi aspetti della Carta. A fine anno saremo chiamati al voto per confermare o meno le nuove regole in essa stabilite.
Riforma del Senato
Il tema più dibattuto è proprio la riforma delle Camere e del bicameralismo perfetto. Cosa significa bicameralismo perfetto? Significa che le due Camere hanno pari poteri e per approvare una legge devono esprimersi a favore di essa su di un testo identico. E’ sotto gli occhi di tutti come un tal sistema non funzioni. Tantissime sono le leggi che passano da una Camera all’altra subendo continue modifiche. Talvolta per tal motivo vengono insabbiate. Altre volte, i continui emendamenti allungano all’inverosimile l’Iter parlamentare. Per rimediare è frequente il ricorso alla decretazione d’urgenza (potestà legislativa riservata al Governo in casi particolari di necessità e urgenza) e al voto di fiducia. Il governo cioè pone la questione di fiducia su una legge (o più comunemente su un emendamento a una legge), qualificando tale atto come fondamentale della propria azione politica e facendo dipendere dalla sua approvazione la propria permanenza in carica. Tali modalità esautorano di fatto il Parlamento dalla funzione di approfondimento e discussione che gli è propria. Dunque, al momento, e ormai da decenni, si assiste a una situazione paradossale. I padri costituenti, reduci da guerra e dittatura, volevano una Repubblica parlamentare che riparasse i cittadini dal potere di un governo forte. Il risultato è stato un Governo molto debole e un Parlamento spesso non in grado di decidere con compiutezza e in tempi ragionevoli. Cosa prevede la riforma: l’abolizione del bicameralismo perfetto. Cioè stabilisce, con buona approssimazione, che l’attore principale del processo legislativo sia la Camera dei deputati diventando il Senato una camera di rappresentanza delle autonomie locali con funzioni di raccordo tra i territori e lo Stato centrale. Il Senato può esaminare i provvedimenti se lo richiede 1/3 dei senatori e fornisce il suo parere alla Camera che può dare il sì definitivo anche senza accogliere le indicazioni del Senato. Il Senato mantiene la funzione legislativa piena solo per alcune materie: leggi di revisione della Costituzione, referendum popolari, testi su ordinamento dei Comuni o attuazione delle normative Ue, casi di incompatibilità e ineleggibilità. Non vota più la fiducia al Governo. Partecipa all’elezione del Presidente delle repubblica: non prenderanno più parte al voto i delegati regionali. Le Camere sono attualmente composte da 630 deputati e 315 senatori e sono entrambe elette dai cittadini. Con la riforma i membri del Senato scendono a 100: 74 consiglieri regionali 21 sindaci e 5 senatori nominati dal capo dello Stato. Saranno i cittadini a scegliere, alle Regionali, i consiglieri – senatori. Le modalità di questa scelta devono essere ancora definite. Lo saranno in base a una legge ordinaria da approvare entro 6 mesi dall’entrata in vigore della Riforma. Ogni Regione o Provincia autonoma ha diritto ad almeno 2 senatori (uno di quali dovrà essere un sindaco) ciascuna Regione avrà più o meno senatori in base alla popolazione. I Senatori non avranno indennità aggiuntive. Riceveranno unicamente le indennità di consigliere regionale o di sindaco. Infine è data una corsia preferenziale al Governo per i disegni di legge essenziali per l’attuazione del programma che devono essere approvati entro 70 giorni. Ecco molto riassunto il nuovo assetto del Parlamento. Ne dovrebbe derivare pure qualche risparmio sui costi della politica visto che non saranno più a carico del contribuente le indennità di senatore. Diminuisce il numero complessivo dei parlamentari che passa da 945 a 730. Il sistema dunque diventa più snello e più agile nelle sue funzioni. Con una legge elettorale (per ora l’Italicum) in grado di favorire il successo di un vero vincitore tra le forze politiche, garantirebbe una maggiore stabilità dei governi. Le altre modifiche alla Costituzione, che passano un po’ in secondo piano agli occhi dell’opinione pubblica, sono quelle del titolo V che riguarda i rapporti Stato-Regioni; l’abolizione del Cnel e delle Province; la modifica delle regole per chiedere e dichiarare valido un referendum, le leggi di iniziativa popolare e infine le modalità di nomina dei giudici costituzionali.
Riforma del titolo V
Varata per rimediare il pasticcio della precedente modifica del 2001, che aveva aumentato l’autonomia delle Regioni innalzando il livello di conflittualità tra amministrazioni locali e potere centrale, la Riforma del Titolo V prevede una redistribuzione delle competenze tra Stato-Regioni. Amplia le competenze esclusivamente statali (es. energia, infrastrutture e trasporti). Introduce la cosiddetta “clausola di supremazia” in base alla quale la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva di Stato o Regione, per tutelare l’unità della Repubblica o l’interesse nazionale. Alle Regioni infine (tranne quelle a Statuto Speciale e alle Province Autonome di Trento e Bolzano) possono essere attribuite particolari forme di autonomia su temi come: lavoro, formazione professionale, giustizia di pace e territorio.
Cnel e Province
Vengono definitivamente aboliti il Cnel e le Province, letteralmente cancellate dalla carta. Il Cnel, ovvero Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è un ente statale che ha la possibilità di proporre iniziative legislative e di fornire pareri, che non sono però vincolanti, nell’ambito delle competenze che gli sono proprie. E’ da annoverarsi tra i cosiddetti, Enti inutili. Previsto dalla Costituzione, può essere soppresso solo con la modifica della stessa. Cambiano le regole della democrazia diretta. Referendum. Nell’ipotesi della riforma, il quorum, perché un referendum sia considerato valido, varia in base alle firme raccolte. Se presentato con 500 mila firme rimane la vecchia previsione: la metà più uno degli aventi diritto al voto. Se invece è presentato con 800 mila firme la soglia diventa la metà più uno degli elettori delle ultime elezioni politiche. Viene introdotto il referendum “propositivo” con esso la popolazione può richiedere al Parlamento di emanare una nuova legge su un tema particolare. Leggi di iniziativa popolare. Salgono a 150 mila (da 50 mila), le firme necessarie per fare una proposta di legge di iniziativa popolare. E’ però introdotta la garanzia costituzionale che tale legge verrà discussa e votata in Parlamento.
Corte Costituzionale
Infine cambiano le regole di elezione della Corte costituzionale, ente supremo che vigila sulla Costituzione e sulla sua applicazione, è composta da 15 giudici: 5 eletti dal Presidente della Repubblica, 5 eletti dalla magistratura e 5 eletti dalle Camere in seduta comune. Con la Riforma, i 5 giudici eletti in seduta comune verranno eletti separatamente: 3 alla Camera, 2 al Senato.
APPENDICE
Gli altri paesi
In Germania: il Parlamento fedarale tedesco è il Buntestag. E’ eletto dai cittadini e conta 630 parlamentari. Lo affianca il Consiglio Federale (Bundesrat), composto 69 membri delegati dei governi dei vari Länder. Attraverso di esso i Länder possono tutelare i propri interessi e contribuire al processo legislativo e all’amministrazione a livello federale mediante le proprie esperienze politiche ed amministrative. Ma il Bundesrat non può essere propriamente considerato il secondo ramo del parlamento accanto al Bundestag. La provenienza dei suoi membri, non eletti a suffragio universale ma esponenti dei governi dei vari Länder, impedisce che il Bundesrat rivesta il ruolo di seconda camera di un sistema tipicamente bicamerale. Non è dunque un organo dotato di un potere legislativo pieno in quanto la sua funzione legislativa è limitata a determinati settori, individuati dalla Legge fondamentale. E’ invece il Bundestag che esprime la rappresentanza popolare della Repubblica Federale di Germania. Ha quattro funzioni principali:
- È l’organo decisivo per la formazione del governo: qui viene eletto il cancelliere.
- È il fulcro del procedimento legislativo: nel Bundestag il testo definitivo di ogni singola legge viene approvata dopo varie discussioni.
- È l’organo di controllo del governo e della politica governativa: può chiedere e sollecitare il governo a rendere conto del proprio operato.
- È l’organo di rappresentanza di tutto il popolo: il Bundestag ha il compito di occuparsi dei problemi di tutti i gruppi sociali discutendoli pubblicamente.
In Francia: il Parlamento della Repubblica francese è l’organo costituzionale titolare della funzione legislativa e del potere di controllare l’attività governativa. Ha una struttura bicamerale, ovvero è composto da due Camere: l’Assemblea Nazionale deputati e il Senato. I Senatori 346 sono eletti a suffragio indiretto da circa 150.000 grandi elettori: sindaci, consiglieri comunali, delegati dei consigli comunali, consiglieri regionali e deputati. L’Assemblea Nazionale è formata da 577 membri noti col nome di deputati, eletti in un collegio elettorale uninominale a doppio turno dai cittadini. L’iter per l’approvazione della legge si basa sull’approvazione di un testo identico da entrambe le camere.
In Gran Bretagna: il Parlamento è bicamerale, composto di una camera alta, la House of Lords, e una camera bassa, la House of Commons. La Camera dei Lord comprende due tipi diversi di componenti: i Lords Spiritual (i principali vescovi della Chiesa d’Inghilterra) e i Lords Temporal (i Pari del Regno); è completamente non elettiva. In passato l’appartenenza alla Camera dei lord era un diritto ereditario. In seguito sono state approvate numerose riforme in forza delle quali il numero dei membri ereditari è stato ridotto notevolmente. I Lords sono 810 il loro numero non è però fisso. E’ la Camera dei Comuni, 650 membri democraticamente eletti, che esercita il vero potere legislativo; il Sovrano agisce soltanto come figura rappresentativa e i poteri della Camera dei Lord sono fortemente limitati.
Negli Usa: Il Congresso è l’organo legislativo del Governo federale degli Stati Uniti d’America, equivalente al parlamento nella maggior parte dei sistemi democratici. E’ bicamerale ed è costituito dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato. La Camera dei rappresentanti è attualmente formata da 435 membri eletti in collegi uninominali ripartiti su base statale in proporzione alla popolazione dello Stato stesso. Il Senato è invece formato da 100 membri, due per ogni Stato federato eletti dal popolo. Ogni progetto di legge deve essere approvato sia dalla Camera dei rappresentanti sia dal Senato, dopodiché viene promulgato dal presidente ed entra in vigore: questa caratteristica rende il Congresso americano un caso di bicameralismo perfetto. Se il presidente non è d’accordo sui contenuti di una legge può, con messaggio motivato, rinviarla alle camere; se queste la riapprovano a maggioranza dei 2/3 egli è tuttavia tenuto a promulgarla.