Pubblicato sulla rivista Altro&Oltre nr. 32, dicembre 2019
La finanza comportamentale: conoscerla per evitare le trappole che compromettono la corretta gestione dei nostri risparmi
L’investitore italiano si sa, è poco preparato. Solo il 37% della popolazione nostrana risulta possedere nozioni sufficienti in tale ambito (studio Standard and Poor’s). Ma oltre alle scarse competenze, ci sono anche fattori soggettivi molto importanti che condizionano l’agire delle persone e degli operatori finanziari.
Cos’è la finanza comportamentale?
L’osservazione di tali comportamenti ha dato origine a un vero e proprio filone di studi: la Finanza Comportamentale, che applica la ricerca scientifica nell’ambito della psicologia cognitiva, alla comprensione delle decisioni economiche per capire come queste si riflettano nei prezzi di mercato, nell’allocazione e nella distribuzione delle risorse. La Finanza Comportamentale nasce negli anni ’60 ma è nel 2002 che si impone, grazie al Nobel riconosciuto a Daniel Kahneman. L’assunto principale è che nelle decisioni economiche le persone possono incappare in trappole mentali, che impediscono una scelta ottimale e portano a commettere numerosi errori.
Sono quattro i fattori che entrano in gioco in questi casi:
- l’effetto di inquadramento, quando il modo in cui viene presentato un problema influenza la decisione;
- l’avversione alle perdite, per la quale si preferisce un mancato guadagno piuttosto che incorrere in una perdita;
- l’effetto di isolamento e aggregazione, che consiste nell’incapacità di valutare se gli eventi sono collegati oppure no;
- e infine l’effetto di riflessione, per il quale se i premi sono negativi la propensione al rischio delle persone aumenta.
Oltre a questi quattro fattori, i processi decisionali operano su tre meccanismi di base: i meccanismi oggettivi, basati su dati verificabili e su ragionamenti oggettivi e consapevoli dei rischi (questi portano generalmente a quelle che definiamo scelte razionali); poi ci sono i meccanismi soggettivi, cioè quelli che muovono da convinzioni personali o familiari e che producono generalmente scelte emotive; ed infine i meccanismi super soggettivi, come quelli culturali, linguistici o religiosi appartenenti a gruppi numerosi di persone, che inducono a compiere scelte viziate da stereotipi. Spesso le trappole mentali sono concatenate. Il che significa che, scattata una trappola, la persona può entrare in un vortice e cadere preda di ulteriori distorsioni. L’avversione alle perdite può portare, ad esempio, a non calcolare con esattezza l’entità di un rischio, cioè a violare l’equazione economica che c’è tra maggiori rischi e maggiori guadagni potenziali. Un’altra trappola è la logica di gregge strettamente connessa a condizionamenti culturali, non solo, anche a mode e all’effetto inquadramento, vale a dire: alla modalità, cioè con la quale ci viene presentata una determinata operazione.
La bolla dei tulipani in Olanda
Nel XVII secolo in Olanda, avvenne un caso economico conosciuto come la “bolla dei tulipani”, uno dei primi e più eclatanti casi di bolla speculativa nell’economia moderna. Il tulipano fu introdotto in Olanda all’ inizio del ’600. Il responsabile dei Giardini Reali olandesi, Carolus Clusius ne ottenne velocemente moltissime diverse varietà. In Olanda scoppiò la moda. Si cominciò a produrre, comprare, vendere e scambiare contratti commerciali proprio sui bulbi di tulipano. Il prezzo salì vertiginosamente. Molte persone si arricchirono: nel momento di massima espansione della bolla, un singolo bulbo di tulipano poteva anche arrivare a costare dieci volte tanto il reddito di un maestro artigiano.
Poi, improvvisamente la bolla speculativa esplose. L’innesco fu l’arrivo della peste in Olanda che portò molti commercianti a disertare il mercato dei tulipani. La moda ossessiva per i tulipani, così improvvisamente come era nata, scemò. Le persone cominciarono a vendere i bulbi velocemente come li avevano comprati. Fu vero e proprio panico. Molte famiglie – anche benestanti – si ridussero sul lastrico. Col senno di poi, le cifre vertiginose che ruotavano attorno a dei semplici bulbi sono state giudicate esagerate. E quando il mercato collassò, fu palese a tutti la follia di questo comportamento. Ma tutti compravano e continuavano a comperare, comportandosi come un gregge, vittime di un condizionamento collettivo, una moda, unito ad un effetto inquadramento, totalmente distorsivo rispetto a valutazioni oggettive del mercato dei bulbi.
….E quella mondiale dei Subprime
In tempi più recenti e precisamente nel 2007, il caso dei “mutui subprime”. Così iniziò lo tsunami finanziario che ha travolto anche gli Stati. Cosa successe realmente? Il valore degli immobili negli Usa, considerati da quasi tutti gli operatori finanziari – come vedremo poi a torto –, i più stabili e sicuri, crollarono improvvisamente. La loro supervalutazione, anch’essa una bolla che è esplosa, condusse una moltitudine di persone a basso rating creditizio, creditori potenzialmente ad alto rischio di insolvenza (da qui il termine subprime), a non essere più in grado di pagare le rate dei mutui che avevano acceso con grande facilità pur non essendone titolate. Le banche si ritrovarono nella perniciosa situazione di non riuscire a riscuotere i loro crediti con l’esecuzione forzata degli immobili, diventati invendibili o con valori di realizzo irrisori. Il sistema crollò. La crisi comincia con le notizie sul fallimento di diversi fondi immobiliari collegati ai mutui ad alto rischio, prima negli Stati Uniti e dopo anche in Europa. Il contagio però è andato oltre a quelle che avrebbero dovuto essere le perdite reali e si è allargato a dismisura tramettendosi a tutte le borse mondiali e traducendosi nei fatti, in generalizzata sfiducia nei mercati.
Le banche centrali disposero immediatamente prestiti a basso tasso d’interesse alle banche. Immisero liquidità nel sistema per scongiurare i fallimenti degli istituti di credito. Ma tali interventi non furono sufficienti a evitare il crollo immane.
Come si è in realtà creato il grande contagio internazionale? Le banche che avevano concesso i mutui subprime, avevano cartolarizzato e rivenduto in tutto il mondo titoli contenenti i loro crediti. La coriandolizzazione, cioè lo spezzettamento in tanti titoli di diversa tipologia, degli attivi irrecuperabili, aveva infettato il sistema finanziario provocando il collasso dei mercati mondiali. Questi spezzatini detti in gergo anche “salsicce” erano disseminati in vari prodotti finanziari cui anche le agenzie di rating, evidentemente inconsapevoli della reale composizione di questi strumenti, hanno spesso assegnato la tripla A, ossia il più lusinghiero dei giudizi su un titolo di debito. Le proporzioni del disastro effettivo sono tutt’oggi ancora in parte sconosciute.
Entrambi i tracolli: “tulipani” e “subprime”, sono esempi eclatanti di totale fraintendimento, da interpretare con la logica dell’inquadramento, ovvero di un’errata presentazione del quadro economico, con la convinzione che potesse rimanere stabile nel tempo; dell’aggregazione, ovvero di un altrettanto errato collegamento tra i vari meccanismi che hanno contribuito al disastro e anche dell’effetto effetto riflessione: nel caso dei “subprime”, almeno inizialmente, le banche, grazie a bassi tassi di interesse, avevano ampliato la loro clientela oltre il ragionevole, concedendo mutui a persone inaffidabili. Comportamento leggero dispiegato in virtù dell’aumentata propensione al rischio dovuta ai bassi premi. Un ruolo fondamentale hanno giocato, in entrambi i casi, i meccanismi super soggettivi. Moda nel caso “tulipani” e convinzione della stabilità del mercato immobiliare nel caso “subprime”. Insomma trappole comportamentali che hanno innescato altre trappole in una spirale perversa che ha portato alla rovina. E questo è tanto più grave quanto ad essersi “sbagliati” non sono stati solo i poveri e spesso inconsapevoli investitori, ma gli stessi operatori finanziari. Questi ultimi però hanno agito anche in mala fede. Inizialmente vittime di trappole comportamentali e in seguito, nel tentativo di sbarazzarsi di crediti inesigibili, agendo colpevolmente, avendoli inseriti e rivenduti in prodotti derivati ad alto tasso di rischio.
E’ possibile difendersi?
In conclusione, come è possibile difendersi? Innanzitutto informandosi: essere consapevoli che esistono trappole comportamentali che inficiano la bontà delle scelte in campo finanziario, è il primo passo per evitarle. In seconda battuta, cercando di affidarsi a operatori finanziari competenti e seri, controllandone la solidità e il modus operandi. Infine – ma questa è cosa da politici –, auspicando una maggiore regolamentazione dei mercati, in parte attuata ma ancora insufficiente a scongiurare del tutto crisi di questa portata.
Fonti:
- Borsa italiana: “La crisi dei mutui subprime”
- Infografica: a cura di Borsa Italiana