Pubblicato sulla rivista Altro&Oltre nr. 43, settembre 2022
Riflessioni del giorno
Le riflessioni del giorno sono pensieri sparsi: Covid, cambiamenti climatici, guerra, crisi energetica, isterismo politico, nervosismo dei mercati. Confusione, tutto che muta. In un biennio, abbiamo visto una trasformazione che non si era manifestata nei 20 anni precedenti.
Il lavoro: una vera rivoluzione
Il lavoro è cambiato. La modalità da remoto è entrata a far parte del nostro quotidiano. Quello che si faceva in ufficio, ora si può fare da casa. Spenderemo meno in trasporti, intaseremo meno le strade nelle ore di punta. Ci sarà un impatto positivo sul clima. Risparmieremo anche il nostro tempo, quello perso negli spostamenti. Che significa più ore da dedicare alla famiglia o ad attività ricreative.
Di più: le aziende avranno bisogno di meno spazio, le sedi potranno essere più contenute e utilizzabili in maniera multifunzionale, in relazione alle esigenze del momento e alle persone presenti. Anche qui risparmi considerevoli. Insomma una vera e propria rivoluzione che stiamo vivendo senza accorgercene.
Ma qual è la sua vera essenza? L’orario di lavoro è sostituito dal raggiungimento di un obiettivo. L’ottica del lavoratore cambia completamente. Migliora la qualità della vita, ma anche la qualità del lavoro non più imbrigliato o quantomeno non sempre imbrigliato nel recinto del cartellino da timbrare.
La guerra e la crisi energetica
Guerra, crisi energetica. Come al solito abbiamo manifestato il nostro estro latino, anzi direi italico. Nel giro di pochi mesi la nostra dipendenza dal gas russo è scesa dal 40 al 25%, e l’economia corre. Siamo strani. Gente davvero particolare. E gli aumenti dell’energia? Beh lo stato ciucciava tanti di quegli oneri vergognosi e ingiustificati dalle nostre bollette che ha fatto presto a ristorare. Li ha aboliti. Almeno per un po’ avremo, da quel lato, un po’ più di equità fiscale. E con queste poche righe liquido lo stato dell’emergenza energetica in Italia.
Nei confronti della guerra in Ucraina siamo molto meno onorevoli. La solidarietà esibita dalle istituzioni non sempre corrisponde al sentimento popolare. Chi dice: “Son fatti loro…si arrangino”; chi sostiene che da questa guerra avremo grossi danni economici e non val la pena…; chi giustifica la sua contrarietà con argomentazioni che nascondono solo la pavidità. Proprio quella che tanti danni ha creato nel nostro recente passato. Tuttavia non si può dire che la contingenza non sia davvero molto delicata e difficile. La deterrenza atomica fa paura e questa è una condizione storica che non si era mai verificata prima.
Così, pure gli Alleati, aiutano, finanziano, sostengono, ma con riserva. Le armi offensive e i missili a lunga gittata vengono forniti solo sulla base degli avanzamenti russi. Quando questi ultimi procedono con la distruzione totale e indiscriminata di luoghi che non avranno moneta per ricostruire, gli ucraini vengono riforniti di armi più potenti e messi nelle condizioni di far arretrare un po’ il nemico. E’ una buona premessa per cronicizzare il conflitto. Tant’è.
E così noi del Bel paese (meraviglioso e unico aggiungo), scorriamo da un’emergenza all’altra. Località turistiche con tutto esaurito. Ristoranti perennemente pieni. Appuntamenti da estetiste o parrucchieri, che neppure se fissati presso un ministero richiederebbero tanto preavviso. Giornate battezzate da bollino rosso o nero per l’intenso traffico dei vacanzieri. Iperboli fantasiose, riflessioni del giorno.
I poveri in Italia
Ma questo è il nostro brodo, contaminato certo da sacche di povertà che fatichiamo a vedere e che sono indegne di un paese avanzato. Perché questo siamo: un paese ricco e avanzato. Da noi però c’è il primato europeo di chi lavora ed è povero. Secondo i dati Eurostat più aggiornati, nel 2020 in Italia, il 10,8 per cento dei lavoratori tra i 18 e i 64 anni di età viveva sotto la soglia di povertà relativa, ossia con un reddito annuo inferiore ai 10.840 euro annui. E 5 milioni sono i cittadini che vivono sotto la soglia della povertà estrema. Inaccettabile. Abbiamo un tasso di occupazione tra i peggiori in Europa e stipendi da fame. Non può crescere un paese dove lavorano solo 23 milioni di abitanti (tra l’altro record assoluto dagli anni ‘70) e gli altri 37 milioni rimangono in schiena. Un paese che non paga adeguatamente i giovani, i pensionati e che confisca reddito dalle tasche di chi sta meglio, grazie ad un’Irpef dalla progressione ripidissima.
Diciamo la verità. Il debito pubblico è una palla al piede; gli stipendi bassi, il basso tasso di occupazione, la disoccupazione giovanile e femminile e un fisco iniquo lo sono ancor di più. Se poi aggiungiamo una burocrazia matrigna il quadro è completo. Destinazione finale: decrescita infelice.
Isteria politica
Poi abbiamo una classe politica imbarazzante, incapace di governare e delle istituzioni democratiche che per essere troppo democratiche ci hanno regalato 67 governi in 76 anni di storia repubblicana. E noi diamo certo un contributo. Il nostro estro colpisce in modo stupefacente anche qui. Qualche grande uomo c’è in Italia. Anzi ce n’è anche più di uno. E quando ci prova, a governare intendo, poi non piace più. Ora è stata la volta di Draghi domani chissà. Certo una legge elettorale con uno spicchio di maggioritario (25%) e un parlamento a seggi ridotti, difficilmente porteranno una maggioranza stabile. E così la ruota gira: governicchi assemblati da prime donne rissose che prima o poi si accapigliano decretandone la fine e che vengono sostituiti da governi tecnici e competenti nominati dal presidente. Che ugualmente cadono perché non eletti dal popolo – più o meno, è questa la giustificazione per lanciarli nel precipizio –. E’ il giro magico che vediamo dai tempi del governo Monti anzi forse anche da prima. In realtà tutto è iniziato coi governi Ciampi. E continuerà.
I mercati finanziari
In ultimo la nostra borsa. Beh forse l’unica al mondo che dagli inizi della sua operatività è in forte perdita. E anche qui liquido rapidamente perché poco me ne intendo e non saprei fare un’analisi esatta del perché e del percome. Tuttavia mi diverto spesso a guardare i grafici di altre borse: Londra, New York, Francoforte Hong Kong. Parametro: lungo periodo. La nostra è in profondo rosso le altre registrano crescite iperboliche.
Chiudo qui questi pensieri sparsi in questa caldissima estate, con un’ultima considerazione: prima o poi ce la faremo a diventare un paese normale. E l’Europa ci aiuterà. Lo so, a molti sta antipatica, talvolta lo è davvero, ma ormai si è capito che non può esserci altra via che una compliance virtuosa. D’altronde L’Italia è una delle grandi meraviglie del mondo. I suoi cittadini? Gente che stupisce.