Suffragette: storia della lotta per il diritto di voto

Pubblicato su rivista Altro&Oltre nr. 18, luglio

Suffragette, ovvero: donne che aderiscono al movimento inglese nato nel 1869 per l’emancipazione femminile e per rivendicare l’estensione del diritto di voto alle donne. La parola di origine latina, deriva da suffragio (latino suffragium) che vuol dire: voto.

Come nasce il movimento

Durante la Rivoluzione Francese ci furono le prime rivendicazioni per il riconoscimento dei diritti delle donne. Nel Regno Unito più o meno nello stesso periodo cioè alla fine del ‘700. Più tardi – nella seconda metà dell’800 – la formazione di un vero proprio movimento per il suffragio universale. Fu una lunga battaglia, azioni pacifiche che si alternavano ad atti violenti: incendio delle cassette delle lettere lancio di sassi e anche qualche esplosione. Numerose le attiviste arrestate e picchiate e che, in carcere, praticarono lo sciopero della fame.   Una descrizione esauriente di come si svolse la lotta, nel film “Suffragette”, distribuito in Italia a marzo 2015. Ambientato a Londra nei primi del ‘900 fornisce un quadro della condizione femminile di quegli anni. Negli ambienti più umili le donne non godevano di alcun diritto, prive di istruzione, non avevano neppure la patria potestà sui figli. Nell’Inghilterra che procedeva a passo spedito verso l’industrializzazione, erano sfruttate sui luoghi di lavoro ai limiti delle loro possibilità fisiche. Se molestate non avevano voce per denunciare e per ribellarsi. Avrebbero perso il lavoro e ogni possibilità di sostentamento. Morivano giovanissime. Nelle classi più abbienti godevano di condizioni di vita certo migliori, ma non potevano gestire il loro denaro il cui utilizzo rimaneva sotto l’attenta supervisione dei mariti che ne imponevano i criteri di spesa.

The National Union of Women’s Suffrage

Spesso analfabete e di origini modeste, le donne che aderivano al National Union of Women’s Suffrage (così si chiamava il movimento delle Suffragette fondato dalla signora Emmeline Pankhurst nel 1897), diventarono vere combattenti. Non erano nulla, non avevano niente. E, talvolta, per questa militanza erano ripudiate dai mariti e perdevano i loro figli. E’ una realtà che nulla a che vedere con l’immagine della svagata signora Banks che nel film “Mary Poppins” partecipava a manifestazioni di piazza nella Londra dei primi ‘900. Era una suffragetta che rincasava cantando entusiasta il suo attivismo.

In Italia e nel mondo

L’emancipazione è stata lunga e dolorosa: una lotta impari contro l’altra metà del cielo durata oltre 100 anni e sfociata, in Italia, nei più recenti anni ’70 in un vero riconoscimento di parità dei diritti. Nel nostro Paese una vera e incisiva riforma del diritto di famiglia data infatti 1975. “Il diritto di famiglia codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, sia nei rapporti personali sia in quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia sia nei riguardi dei figli; e fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio (figlio naturale), che ricevevano un trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi. Il primo libro del codice venne riformato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 (“Riforma del diritto di famiglia”), che apportò modifiche tese ad uniformare le norme ai principi costituzionali. Con questa legge venne riconosciuta la parità giuridica dei coniugi, venne abrogato l’istituto della dote, venne riconosciuta ai figli naturali la stessa tutela prevista per i figli legittimi, venne istituita la comunione dei beni come regime patrimoniale legale della famiglia (in mancanza di diversa convenzione), la patria potestà venne sostituita dalla potestà di entrambi i genitori, in particolare nella tutela dei figli. Il coniuge superstite nella successione ereditaria diventa erede, mentre prima, legalmente, non ereditava nulla (Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_di_famiglia).”.

Non tutti i paesi naturalmente hanno avuto lo stesso passo. In quelli scandinavi, i diritti delle donne furono riconosciuti ben prima. Ma sino alla fine del 1800 esse erano, dappertutto in Europa, una categoria sotto tutela. Anche nella democratica Inghilterra. Finalmente le donne occidentali e non solo loro, ottennero il diritto di voto. I paesi del continente Europeo – tranne qualche eccezione – furono condizionati dalla battaglia delle donne inglesi che ne fecero una bandiera di libertà. Le tempistiche furono però diverse. A titolo esemplificativo ecco di seguito alcune delle date più significative che hanno segnato il riconoscimento del diritto di voto alle donne: 1893 Nuova Zelanda, 1917 Russia, 1919 Germania, 1920 Stati Uniti, 1928 Gran Bretagna, 1932 Brasile, 1934 Turchia, 1944 Francia, 1945 Italia, 1949 Cina e India, 1953 Messico. E ancora: 1971 Svizzera, 1973 Giordania, 1976 Nigeria, 2003 Qatar, dicembre 2015 Arabia Saudita.

Il livello di civiltà e di libertà di una Nazione si misura dal grado di emancipazione e dall’effettivo riconoscimento della parità di diritti uomo-donna. Non è solo un fatto di equità e di giustizia, è anche un fattore di sviluppo e di progresso. Riconoscere infatti le capacità femminili, coltivarle con la dovuta istruzione, e impiegarle nella società civile, serve ad aumentare il Pil, a migliorare il benessere collettivo e a crescere figli in grado di dare maggiore contributo alla crescita culturale, democratica ed economica dei loro Paesi.

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